Parla l’esperta: dai “distillati” dei bimbi in età da nido all’approccio ambivalente con gli adolescenti. Cos’è l’assalto ai supermercati degli adulti
di Chiara Fabrizi
«È utile raccontare ai nostri figli e ai nostri nipoti cosa sta accadendo, perché sono a casa e non stanno andando più a scuola, perché ci vedono più nervosi o più attenti al telegiornale, ma in generale la questione per i genitori di bimbi di ogni età è essere un modello, perché l’imitazione resta la più grande forma di apprendimento». Nel pieno dell’emergenza Coronavirus, Umbria24 ha consultato la psicologa e psicoterapeuta Marta Franci nel tentativo di raccogliere elementi e suggerimenti per i genitori dei bimbi senza scuola fino al 3 aprile, ma anche brevi considerazioni per la gestione di ansie e paure personali durante l’epidemia che ha trasformato l’Italia in un’unica grande zona protetta, in cui gli spostamenti sono consentiti solo per lavoro, motivi di salute e necessità.
Siate disponibili a spiegare «Seguiamo il ciclo della vita» è la direzione scelta da Franci, responsabile del centro di psicologia Dedi Care di Foligno, per tentare di rispondere alle domande che molti si stanno facendo: «Da 30 anni il mondo scientifico è concorde nel dire che i bimbi anche molto piccoli sono estremamente competenti, c’è certezza – dice l’esperta – che un neonato venga al mondo molto competente e che già nel grembo materno il bimbo risponda in modo differente alla stimolazione. Questo per dire – articola – che i bimbi in età da nido, ossia con meno di tre anni, non hanno sicuramente modo di comprendere cos’è l’emergenza coronavirus senza alcuna spiegazione, ma in loro distilla il clima emotivo, familiare, sociale e istituzionale. Sto dicendo – va avanti – che vale la pena avere una disponibilità a spiegare, a raccontare, a connettere alcune cose, ovviamente nella giusta misura per il bimbo che abbiamo di fronte, perché – evidenzia – lasciare tutto inespresso e non detto è peggio, anche coi bimbi molto piccoli».
Vattene via mostriciattolo Suggerimenti? «Si possono spiegare cose molto difficili in modo molto semplice. Possiamo, ad esempio, raccontare che c’è in giro un animaletto non visibile, talmente prepotente che arriva in un punto in cui riesce a provocarci tanta tosse, che alcuni non sopportano e per questo dobbiamo evitare che si avvicini a noi, lavandoci le mani, non sbaciucchiandoci con tutti». Ma anche coi piccoli non basta la spiegazione «ci vuole – articola la Franci – anche il modello, perché la più grande forma di apprendimento resta l’imitazione: se io genitore mi lavo sempre le mani, raccontando il perché lo faccio e trasformando questo gesto in un rituale rassicurante, con un gioco del tipo “vattene via brutto mostriciattolo”, introduco un cambiamento e il bimbo, vedendolo fare e avendo ascoltato la spiegazione, inizierà a farlo». Questa spiegazione si può arricchire per i bimbi da tre a cinque anni «con ragionamenti più interattivi, utilizzando – dice l’esperta – ad esempio il corpo umano: dove sta il polmone? che faccia ho quando tossisco? ti ricordi quella influenza?».
Bimbi in età scolare Le cose cambiano quando i bimbi vanno già a scuola, dato che, ad esempio, «leggono i titoli sullo schermo della tv a cena e in età scolare ciò non viene compreso alla fine trova una spiegazione autonoma: questo – rileva la Franci – è sicuramente un passaggio di autonomia, ma è rischioso perché ognuno può leggerci ciò che vuole». Vale quindi lo stesso meccanismo indicato finora per i più piccoli, «offrendo ai bimbi in età scolare una spiegazione in linea con le loro capacità di sviluppo». Qui la psicologa e psicoterapeuta apre il tema della paura e dell’ansia, dicendo che «è giusto condividerla in famiglia, perché è più pericoloso non parlarne che raccontarla».
Preadolescenza e ambivalenza La retta della spiegazione genitori-figli, inevitabilmente, cresce ancora con la preadolescenza, quando «si aggiungono dettagli e le risposte diventano complesse, ma rispetto ad altre età, l’incertezza di questa fase rischia di fare matching con le grandi incertezze legate all’identità e all’ambivalenza del periodo, da una parte si sentono grandi e da un’altra piccoli, vogliono stare ancora coi genitori, ma allo stesso tempo iniziare ad andare per conto proprio. In questa fase, dunque, avranno bisogno di essere trattati un po’ come dei grandi e un po’ come dei piccoli, ma il dialogo deve essere sempre aperto, esprimendo le emozioni con chiarezza, in maniera trasparente, comprese quelle negative».
Adulti tra supermercati e fallimenti Infine gli adulti. «In questo caso l’ostacolo più difficile è affidarsi» dice Franci. Sollecitata a una riflessione sull’assalto ai supermercati seguito alla conferenza stampa di lunedì sera del presidente del consiglio Giuseppe Conte, la psicologa e psicoterapeuta dice che «quando prendono il sopravvento panico e paura diventiamo un po’ come tante barche in avaria, che rendono a tutti la navigazione più complicata e pericolosa». E il consiglio, quindi, è di semplice buon senso «invece di agire rapidamente – è la rotta indicata dall’esperta – fermiamoci a elaborare un pensiero, così ci proteggeremo ancora di più. Dietro questi episodi resta la difficoltà ad affidarsi, perché se il governo ci dice che non ci saranno problemi per fare la spesa alimentare e noi corriamo al supermercato le risposte possono essere due: non sentiamo oppure non ci fidiamo. Senza entrare in questioni politiche, ritengo che questi episodi testimonino un fallimento educativo e ricordano molto la maestra che dice all’alunno non alzarti e quello un secondo dopo si alza. E qui torniamo al modello che i genitori sono per i propri figli, senza il quale non ci si può poi arrabbiare se i figli non rispettano le nostre regole».
Passo dopo passo Su come gestire le settimane che ci separano dal 3 aprile Franci suggerisce la strada dei «microprogetti, delle microscadenze, ma siamo solo al primo giorno di n giorni ed è tutto fresco, tutto nuovo per chiunque. Ci dobbiamo allenare a tollerare questa frustrazione di non sapere bene, di navigare un po’ più vista, senza trasformarla in un’attesa passiva, del tipo “aspetto qui che qualcuno mi salvi”, ma dando il nostro contributo in ogni momento, come peraltro ci chiedono le istituzioni, quando dicono che c’è bisogno di tutti per superare questa emergenza».